CAMMINO LA TERRA DI MARCA. Da Montemonaco al Santuario della Madonna dell’Ambro

Attività fisica, Biodiversità, Religiosità, Storia, Tradizione
Adolfo Leoni
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«Ora so. Questo mondo così come è fatto non è sopportabile. Ho dunque bisogno della luna, o della felicità, o dell’immortalità, insomma di qualche cosa che sia forse insensato, ma che non sia di questo mondo».

La frase di Albert Camus è come una vanga, che scava nella mente. O come una bussola, che indica la rotta.

È domenica. Ed è ancora notte quando decido di prendere per la montagna. Tutto tace.

bty

Voglio scorgere l’alba dai monti. Voglio vedere il rosa che sale dal mare inondare il bianco dei Sibillini. Mi capitò una volta. Stavamo girando con la troupe di Medi@Comunicazioni un documentario su Padre Pietro e il suo eremo di San Liberato. Era primavera. Dormivamo in stanze spoglie. Lui, il cappuccino solitario, arrivò, ero infilato nel sacco a pelo, mi toccò la spalla, disse nessuna parola, indicò solo i raggi che illuminavano il gruppo della Sibilla. Magia allo stato puro.

bdr

Santuario della Madonna dell’Ambro, Montefortino

Vado, dunque, con meta Montemonaco. Nessuno in strada. Supero il ponte di Servigliano ed entro in un’altra dimensione, la mia dimensione. Libertà.

La neve dei giorni scorsi s’è ritirata. Non potrò sperimentare i miei nuovi scarponi da montagna.

bty

Bypasso il centro di Amandola prendendo per la stradella bianca dell’ex, gloriosa ferrovia. Mi pento. Il Caffè Belli fa cornetti al cioccolato stupendi. Rimando.

Sosto a Montefortino per gustare i due profili: La Priora e La Sibilla, queste sì ancora bianche candide.

bty

Il fiume Ambro

Procedo: una serie di curve, e mi fermo un attimo a guardare la pieve di San’Angelo in Montespino che spicca dalla collina più alta. Chissà se il cavaliere che la protegge, secondo la leggenda, al sorgere del sole si sia già tramutato in ranocchio?

E il sole sta sorgendo davvero. Guardo l’est: scorgo l’Adriatico in una sorta di imbuto sempre più rosso, sempre più potente.

Montemonaco è ancora addormentato. Raggiungo la parte più alta, quella della Rocca e delle due chiese medievali. Da qui il Vettore sembra a due passi. Ma da qui si scorge anche la turpitudine di chi volle lo sfregio della Sibilla: quella strada a zig e zag dei vandali contemporanei.

C’è vento. Ed è forte. La campana della chiesa annuncia qualcosa.

È tempo di scendere. Ho un’altra meta: il Santuario della Madonna dell’Ambro. Si è fatto giorno, intanto. Il Santuario è chiuso. Eppure inizia ad arrivare gente. Arriva pur sapendo che il sacro edificio è inagibile. Bene farà la Carifermo Spa a restaurarlo.

Costeggio il fiume, lo risalgo. L’abside della chiesa è interamente fasciato.

bty

C’è una serie di cascate. L’acqua è gelida ed impetuosa. E bianchissima, quasi spumeggiante. Salgo e ancora salgo. Le foglie  a terra sono scivolose. Raggiungo una specie di caverna tra due massi che s’appoggiano l’un l’altro come due innamorati. Siedo scrutando il versante opposto. Anche lì scorgo un antro, una caverna. Rifugio di chi?

bdr

In ricordo del miracolo. Quando la pastorella Santina riebbe la parola

Porto uno dei miei libri. Cerco un brano. «Ora: né ieri né domani. Ora: totalmente, pazzescamente. Completamente. Ora! Non una frase buttata là, un modo tanto per dire. Ma un’immagine dell’essere, disperato e bisognoso, malinconico e inquieto, gentile e bellicoso, dolce e guerriero, dritto e rovescio, lineare e contraddittorio».

Solo la montagna è libertà. Più ci vado e più comprendo.