VOCI DALLA PRIMA REPUBBLICA. La Smerillo che intuì Egidio Ricci

Biodiversità, Convivialità, Ospitalità, Salute
Adolfo Leoni
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L’ho conosciuto in auto, mentre andavamo a Roma. Dovevo consegnare uno studio sulla provincia di Fermo al Sottosegretario del Ministero dell’Interno. Erano i primi anni Novanta.

Egidio Ricci era sindaco di Smerillo, lo è stato a lungo: dal 1985 al 1990 e poi dal 1995 al 2014. Alla provincia fermana ci credeva sul serio. «Era un’aspirazione alta,  avevamo bisogno di un capoluogo forte e di una coesione territoriale ancora più forte». Me lo racconta mentre una neve lenta scende sul piccolo Tibet delle Marche. Oggi non ci crede più. «La provincia non è  stato quel riferimento che volevamo. Le persone che l’hanno amministrata non hanno avuto l’attenzione necessaria per coagulare mare collina e montagna. Questa terra poteva diventare una grande e unica città. Sono mancate le persone giuste, è mancato il portabandiera». È sicuramente un rimpianto, il suo. Rimpianto per un’occasione mancata. Ma il sig. Egidio non si scompone. È abituato alla montagna e alle sue asperità. È stato un gran camminatore, con quel suo passo dopo passo, cadenzato, come insegna chi vuol raggiungere una vetta.

L’ex sindaco di Smerillo, a dx, con il poeta-medico Zamponi

Buon sciatore, anzitempo, ha affrontato piste impegnative sulle Dolomiti. Ed è stato anche in gioventù (ora ha 68 anni) paracadutista della Brigata Folgore, dove un po’ di coraggio ce lo voleva pure. Uomo di sinistra da sempre, seppur mai tesserato – e lo scrivo subito in modo da evitare facili e banali associazioni di idee – più vicino però all’esperienza ecologista che ai partiti tradizionali. È stato anche candidato regionale per il movimento dei Verdi.

Ma torniamo al ruolo di sindaco coperto per lunghi anni. Cosa ci vuole? «Amore e passione. Sono queste le leve per poter amministrare la propria città, il proprio comune».

E qui Ricci che, come ogni montanaro che si rispetti soppesa le parole, elenca le opere realizzate dalle sue giunte di centro-sinistra. La prima è stata quella di far chiudere le stalle di maiali nel centro storico. «Già nel 1985 volevo che Smerillo decollasse turisticamente con la gradevolezza del paese, l’armonia del paesaggio, la riscoperta dell’artigianato: legno e ferro». Nel 1988, quando ancora se ne parlava poco, lui lancia l’idea dell’albergo diffuso e dell’utilizzo dei prodotti agro-alimentari locali cercando di mettere in connessione produttore e consumatore. Nel 1997-’98, rende una porzione di Smerillo Area floristica protetta. È la porzione delle terre (crinale ovest fino alla Fessa) di proprietà della Comunanza agraria ancora oggi viva e piuttosto vitale. Ma Egidio ha un pallino: l’acqua. Da trovare, custodire, usare con parsimonia. Un serbatoio, già pensato ai suoi tempi, sarà inaugurato a breve dal nuovo sindaco Vallesi, già suo vice.

Poi, ci sono le strade, tante, troppe per il più piccolo comune del Fermano dai bilanci magrissimi. La sistemazione di una di queste: Via Durano, gli procurò uno scontro durissimo con l’allora Democrazia cristiana.

Gli chiedo cosa sia per lui la montagna. «È il rifugio dell’anima» risponde guardando la Sibilla e la Priora.

Quell’anima e quell’aspirazione interiore che lo portarono, insieme al suo amico Giovanni Zamponi, medico, letterato e dantista, a dar vita ad un Festival, ad un cenacolo di poeti importantissimi e a pubblicare una invidiabile rivista, Smerilliana, luogo di civiltà poetiche come fu descritta.

C’è un altro vanto di cui Ricci non si vanterebbe se non più che stimolato: la Castagnata, la prima nel territorio, la più famosa. 1982, non era sindaco ma si occupava della Pro Loco. Lo guardarono di traverso quando fece la proposta. Lo applaudirono ad iniziativa riuscita: centinaia e centinaia di persone che, dai paesi vicini e, specie, dalla costa, salirono a Smerillo e scoprirono o riscoprirono un gioiello.