CAMMINO LA TERRA DI MARCA. I vini Fausti

Prodotti genuini, Stagionalità
Adolfo Leoni
In questo articolo parliamo di:

Il crinale è uno di quelli che porta alla Torre Matteucci. La mattina in cui vado è ventosa. Il lungo Tenna è una distesa di quadrati coltivati che riportano alle centuriazioni romane nel Piceno.

Alla cantina Fausti mi accoglie Cristina. È la compagna di Domenico D’Angelo. Sono loro che nel 1997 hanno dato vita all’azienda viti-vinicola.

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Cristina Fausti e Domenico D’Angelo

L’edificio è ampio. Il piano strada accoglie l’esposizione, la vendita diretta e l’ufficio. Una grande stufa di maiolica arde che è un piacere. Fuori fa freddo.

La vendemmia è finita da pochissimo. Domenico ha rischiato. Ha scommesso in un ottobre di sole e caldo. Così è stato. L’uva è maturata ancora. «L’annata sarà fantastica».

D’Angelo è agronomo. Anche pilota d’aerei con brevetti statunitensi e canadesi. Gli studi di meteorologia lo hanno aiutato nella professione di vignaiolo.

Fausti

Cristina è amante da sempre della campagna. Non potrebbe separarsene. Una passione che le viene dalla famiglia.

La vigna, che copre dieci ettari di terreno, scende sotto Fermo, nella zona sud est, in una sorta di incavo che la protegge dalle intemperie.

Dal 2015 l’azienda è di proprietà dell’Agricola Amici Srl, che fa riferimento al dr Mariano Amici, zio di Cristina, medico che vive nel Lazio ma che non scorda le sue radici marchigiane (è nato a Petritoli). Cristina e Domenico la gestiscono dedicandosi ora completamente alla vigna, vinificazione, commercializzazione.

Sul tavolo intorno al quale parliamo arrivano alcune bottiglie. Leggo le etichette: Fausto (che è un Rosso piceno), Cris (che è una Passerina), Ale (che è un pecorino), Per Domenico, Vespro… Sono nomi di gente o esperienze care: Fausto, il padre di Cristina; Cris, che è lei; Ale, suo nipote; Vespro, magnifico tramonto.

Per Domenico ha bisogno di una spiegazione. Il vino è dedicato ad un grande amico di famiglia scomparso tragicamente. Domenico Alessi, titolare dell’impresa di fuochi pirici, morì ad un mese dall’esplosa (2007) a Piane di Montegiorgio. Un vino per ricordarlo.

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Montepulciano e Sangiovese sono i vitigni base, ma D’Angelo, vignaiolo con le ali, ha puntato sul Syrah. Il suo fiore all’occhiello. Se n’era innamorato in una degustazione a Bruxelles. Lo ha impiantato. E ha fatto centro, così sentenziano le riviste specializzate, così i clienti. Clienti che in Italia sono ancora pochi, ma che all’estero sono numerosi, specie in Belgio, Olanda, Danimarca, Germania, Svizzera e Stati Uniti. La produzione della cantina è di circa 100 mila bottiglie l’anno.

La vigna è completamente biologica, già da prima dell’ingresso del biologico. «La mia – spiega Domenico – è una agricoltura pre-chimica». Assaggiatrice e critica d’eccezione è Cristina, che ha l’ultima parola. Un miracolo: sino al 1985 non sopportava l’odore del vino.

Per la vendemmia 2016 e 2017, Domenico si è avvalso di alcuni giovani profughi ospitati nel Seminario di Fermo. «Bravi ragazzi e molto volenterosi», dice.

Prima di salutarmi, mi porge lo spumante brut Passerina. L’etichetta è nera, la scritta è in argento: Liberty, con un mini aereo che svolazza.

Sembra il monoposto del Piccolo Principe.