CAMMINO LA TERRA DI MARCA. Il gioiello Monteleone di Fermo

Gastronomia, Ospitalità, Storia, Tradizione
Adolfo Leoni
In questo articolo parliamo di:

I nostri gioielli. Prendete Monteleone di Fermo. Ci sono arrivato in una mattina di gran freddo. Dalla balconata poco sotto il municipio la vista mi inchioda sui Sibillini già da qualche giorno imbiancati. C’è un gran e bel silenzio. La collina è ondulata. Dolce. Il sole rende argento la terra bianca di brina.

A Milano ho ammirato L’adorazione dei Pastori del Perugino.  Colori di una delicatezza unica. Eppure, qui, nella Terra di Marca, quei colori sono il nostro quotidiano, lo scenario di ogni giorno. E allora ci spieghiamo perché siamo bravi agricoltori, falegnami, restauratori, calzolai. Come se qualcuno c’avesse detto: la Bellezza sia con voi!

 

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La Torre esagonale

Ho in mente una frase di Roberto Calasso ne L’innomimabile attuale: «L’uomo vedico nasceva con alcuni debiti: verso gli dei, verso gli antenati, verso gli uomini in genere». L’adatterei: «L’uomo nasce debitore di una grande bellezza da preservare per le future generazioni». Ci è stata concessa bellezza, difendiamola, accresciamola per chi verrà.

Monteleone, dicevamo. La torre esagonale domina il centro storico e l’antico castello. Impettita. Non è l’originaria fatta costruire dall’abate farfense Berardo III alla fine dell’anno Mille. È la ricostruzione del XIV secolo, invece, dopo la distruzione da parte dei Fermani.

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Sullo sfondo i Sibillini imbiancati

Anche la piazza alta del Castello ha la sua balconata, stavolta ad est, sul mare. 80 miglia dalla costa opposta. A settembre, appaiono i profili delle prime isole dalmate.

«Se le notizie su Monteleone in età antica sono legate a tradizioni e a ipotesi tutte da confermare, – scrive Carlo Verducci in un suo libro dedicato al paese – certi sono invece i segni della presenza dei Longobardi, popolo di origine germanica…». Longobardi e poi Farfensi. A questi ultimi: monaci benedettini, si deve lo sviluppo di questo e di altri centri del territorio. «…bonificano acquitrini, abbattono foreste, recuperano alla coltivazione terre sempre più estese». La peste che aveva sconvolto queste contrade nel 543 è un ricordo.

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La campagna di Monteleone di Fermo

Ma prima dei Longobardi e della presenza farfense, queste terre erano state abitate dai Piceni, sulle colline, e dai Romani, sui fondovalle. Resti di ville romane se ne trovano ancora.

Intanto, mi colpisce la Casa del pittore, luogo di ritrovo e ospitalità per artisti.

Quattro le chiese che visito. San Marone è la parrocchiale, nella piazza bassa, costruita nel 1400 vicino al convento degli Agostiniani; la stupenda Madonna della Misericordia, in periferia, così chiamata per l’affresco omonimo; San Giovanni Battista che si trova poggiata sulle mura del castello, dall’originale portale in cotto; infine, la chiesa di campagna: Madonna di Loreto, eretta nel 1663, probabilmente lungo il cammino dei pellegrini alla volta della Santa Casa.

Visitare Monteleone senza affacciarsi sui vulcanelli è perdere un’occasione. «Sono sei, si trovano lungo il percorso del fiume Ete e in questo momento vivono un periodo di attività».

Tornando in centro, il sindaco Marco Fabiani annuncia per l’estate il «Simposio di scultura», artisti all’opera. Una eco dell’ Art Basel di Basilea.

Riparto con la convinzione di Romain Rolland: «Vi è un solo eroismo al mondo: vedere il mondo com’è ed amarlo».