CAMMINO LA TERRA DI MARCA. Rubbiano-Vetice: un sentiero aperto

Attività fisica, Biodiversità, Convivialità, Storia
Adolfo Leoni
In questo articolo parliamo di:

Ancora più di sempre cammino la montagna. Se i sentieri consueti sono chiusi, altri ne esistono e vanno fatti conoscere.

Rubbiano è terra di Montefortino. Poco più in là c’è Balleria, il pianoro del ballo, ed oltre ancora l’Infernaccio e la salita all’eremo di San Leonardo. La strada è sbarrata.

L’otto agosto dello scorso anno andammo in trenta. Dal bosco, e poi dalle rocce, ed ancora dall’incrocio per Capotenna, dalle faggete, uscirono due attori (Laura Subrini e Andrea Valori) che raccontavano storie di quelle contrade un tempo molto vive. Oggi non si può. In quei luoghi no, ma in altri sì. E l’abbiamo fatto, domenica sei agosto.

Una comitiva, alcuni bambini.

Rubbiamo fonte

Rubbiano ha una fonte. Lì ci siamo riforniti. Poi la discesa, poca nell’ombra. Un anfiteatro naturale ci ha permesso di sostare ascoltando di Orseolo e Teuda, delle loro famiglie, della loro economia, che il panno lana qui prodotto competeva con  l’Europa, che Montefortino fece la prima Denominazione comunale, nel Medio Evo, per attestare qualità ed evitare contraffazioni.

Buio quel Medio Evo, eh?.

Occorre fare nomi per evocare e ricordare. Chi non fa nomi, generalizza e dimentica presto.

Scendiamo ancora. Il sentiero si fa stretto.

Rubbano fiume

Ho un cruccio. Tre giorni prima ho compiuto un’ispezione. Il fiume Tenna era completamente in secca. Senz’acqua non c’è vita, non c’è allegria.

Da lontano invece sento lo scorrere. Mi rincuoro. Andiamo giù piano, l’altro giorno ho incontrato alcune serpi, una aveva il gozzo pieno, forse un topo inghiottito.

C’è acqua, invece. Non mi pare vero. Tutti a mollo. Mi tolgo scarponi e calzettoni, attraverso, acqua gelida, ci vuole proprio.

Rubbiano Roccaccia

Hanke, che è tedesca, non s’aspettava che la rana marrone le saltasse sui piedi. Strilla un attimo. La vegetazione è folta. Sopra c’è la Roccaccia. Il luogo è giusto per raccontare di Cecco d’Ascoli, dell’Acerba, del duro confronto con Dante, del rogo fiorentino, delle orgogliose parole tra le fiamme: «L’ho detto. L’ho insegnato. Lo credo». Storie di magia ed esoterismo.

Si sale per Vetice. Una fontana ci accoglie. È quasi un bagno per ognuno, fa caldo forte.

Abbiamo impiegato circa due ore. Ora ci attende un’altra avventura. Le monache di Amandola sono sfollate. L’antico monastero del centro ha avuto lesioni. Rifugio è stato trovato in campagna, a mezza costa tra contrada San Lorenzo e il crinale di Marnacchia. Si sono sistemate come meglio hanno potuto. Dal terremoto non hanno più avuto gruppi. L’ospitalità è il cardine benedettino. Avere della gente intorno è quasi un dogma. Andiamo. Ci sorridono «sorelle» bianche e nere (nigeriane). La Madre badessa suor Scolastica è raggiante.

Rubbiano Sibilla

Il pranzo è pronto. Ottimo, gustoso, colorato. Due tavolate vivaci. E un’allegria che cresce dopo un ulteriore bicchiere di grappa alla pera.

Sotto la tettoria di legno, sarebbe il momento di Battisti, Dalla o Battiato. Stavolta siamo privi di chitarristi. Rimediamo con un passo de I Promessi Sposi (il cardinal Borromeo che s’incontra con l’Innominato) e con la storia locale dei Farfensi. I discorsi scivolano anche altrove. La giornata è stata bella. Se ne architetta un’altra. Sempre per sentieri di montagna. Che ci sono e sono stupendi.