
All'inizio fu Luigi Veronelli. enologo, cuoco, gastronomo e scrittore. Una sua frase è celeberrima: «Il vino è il canto della terra verso il cielo».
Nel giugno 1999 lanciò l’idea che i Comuni potessero valorizzare i propri territori attraverso le produzioni artigianali ed agricole. Diversi aderirono. Non tantissimi però. I «piani alti romani» non gradivano. Forse perché la proposta appariva visionaria, vedeva cioè la prospettiva, il futuro. A fine '99 governi, industrie, associazioni di categoria guardavano altrove, non certo alla terra. L'agricoltura, i suoi prodotti, l'alimentare erano messi in un cantuccio.
Più tardi è venuto Paolo Massobrio, scrittore e giornalista eno-gastronomico, fondatore del Club di Papillon. Tempi diversi. La battaglia delle denominazioni comunali è stata ripresa. Con maggior successo.
Le De.Co – ha scritto Massobrio - «non sono marchi, non rappresentano tutele e men che meno delle vie brevi rispetto alle denominazioni europee riconosciute. Le De.Co. sono semplici atti notarili o, meglio, delibere di una amministrazione comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una Comunità si identifica».
Oggi, dopo la grandissima crisi della finanza, con i problemi indubbi del manifatturiero, con la conseguente e forse obbligata riscoperta dell'agricoltura, del biologico e, soprattutto, delle comunità locali, la De.Co. può essere uno strumento efficace di ricerca delle proprie peculiarità, e di comunicazione e valorizzazione anche turistica.
Il Laboratorio Piceno della Dieta Mediterranea accoglie la proposta delle De.Co. e se ne fa portavoce.
Grazie all'opera del Club di Papillon marchigiano, che ha operato gli scorsi anni presieduto da Pio Mattioli, i comuni che hanno deliberato le loro denominazioni sono stati diversi, tra cui, Falerone per il dolce “lu serpe”, Montegiorgio per il dolce “li caciù”, Lapedona per il vin cotto. Autonomamente Porto San Giorgio ha deliberato la De.Co. per il brodetto. Prodotti dunque tradizionali, attestati da una ricerca.
Scrive ancora Massobrio: «Sono dunque un atto politico, che fissa un valore, una carta d'identità che il sindaco rilascia dopo aver censito un passato, un presente, e ipotizzato uno sviluppo futuro». Il giornalista piemontese lo scriveva come un fatto importate nel 2008. Oggi è una necessità se si vuole identificare una terra. Lo intuiva molto bene l'allora ministro per le Politiche Agricole e Forestali Luca Zaia: «Territori d'Italia. Angoli abitati che hanno una storia. Borghi che ci fanno sentire a casa. Volti, voci, mestieri, che rendono unico ogni angolo delle nostre regioni». Mille sapori, mille gusti, mille storie. Chi pensa alle De.Co solo come piatto è fuori strada. Perché dietro al piatto c'è una persona, un luogo, una vita, rapporti, vicende, usi.
Tradizioni allora non tipicità. De.Co. allora, e ancora di più oggi.