GENTE DI CAMPO. Ad Alteta, l’azienda de Lu Cònde: suini da adottare. E non solo

Gastronomia, Prodotti genuini, Salute
Adolfo Leoni
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Alteta. Borgo medievale. Il terremoto ha fatto danni al minuscolo centro storico. Intorno è campagna. E allevamenti.

In periferia, villette graziose. Tre edifici vicini indicano una famiglia. In mezzo: un laboratorio e una macelleria.

È l’azienda agricola Lu Cònde dei fratelli Corradini. Sono tre: Alessandro, Giorgio e Luca.

Lu Cònde in dialetto sta per Il Conte. Si vestiva da gran signore il bisnonno Giuseppe. Girava con un mantello nero e un bel cappello di feltro. Da Conte, appunto, come lo chiamavano i paesani.

Lu Conde macelleria

La macelleria de Lu Cònde

Nonno Nello – il figlio – iniziò come coltivatore diretto nel 1968. Il sistema era quello tradizionale: la rotazione triennale dei campi: grano, foraggio, ecc. Nessun sfruttamento della terra. Grande rispetto, invece, come per mille anni avevano fatto i contadini.

Poi Nello, con suo genero Mario, marito di Maria Pia, ha iniziato ad allevare suini, a ciclo chiuso.

La terza generazione – quella appunto di Alessandro, Giorgio e Luca – ha continuato sulle orme di nonno e padre.

Oggi, negli allevamenti, alcuni dei quali intorno al suggestivo Casino Merli, ci sono 30 scrofe e, a rotazione, circa 300 maiali.

Nel 2005, la nuova svolta. Oltre all’allevamento si è aggiunta la trasformazione delle carni. La carne di suino è diventata salsiccia, salame, mortadella, prodotti naturali, conservanti zero. I mangimi dati ai maiali, che scorazzano liberi nei campi insieme ad altri animali – c’era anche il bufalo Arturo -, è il prodotto di quanto coltivati dai fratelli Corradini che impiegano anche un piccolo mulino domestico.

Lu Conde Alessandro

Alessandro Corradini

Alessandro, occhi azzurri e capelli da moicano, è stato intervistato recentemente – il 30 luglio – da Linea Verde estate. La Rai s’è incuriosita, parimenti, del borgo di Alteta e delle farine de Lu Cònde che ha messo a dimora grandi antichi come la Jervicella, il Saraceno e, in modo speciale, il San Pastore che è un grano rosso poco conosciuto e molto originale.

Sotto una tettoia di legno, parlo con Alessandro. «La campagna è bella quanto dura. Ed è molto dura. Solo ieri, domenica, mi sono preso una giornata di svago. Ce ne sono poche altre». La famiglia Corradini punta sulla qualità. I clienti vengono ad acquistare in macelleria dai paesi vicini, ci sono anche diversi agriturismi che hanno iniziato a proporre le loro carni. C’è poi l’iniziativa «dell’adotta il tuo maiale». Hanno aderito soprattutto le famiglie del nord Italia che passano le vacanze nelle Marche. Hanno scelto l’animale, lo seguono in foto ma anche dal vero, ne acquistano la carne dopo la macellazione.

Poi ci sono i turisti olandesi, svedesi e norvegesi. Prima di acquistare vogliono sapere, vedere, capire. «Sono molto attenti alla salute».

In quanto tempo cresce un maiale? Alessandro risponde come risponderebbe suo nonno: «Due stoppie» che è il tempo che va dalla raccolta del grano alla semina: 9 mesi circa, «mangiando, dopo lo svezzamento, farine di granturco, orzo crusca e pisello proteico».

Le ore di lavoro? «Non si contano: dalle sei del mattino a quanto le forze scemano».