GENTE DI CAMPO. Daniela, Valeria e Silvana. Donne toste tra limoni ed aranci

Biodiversità, Prodotti genuini, Stagionalità
Adolfo Leoni
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Da Ponte Nina si sale verso Campofilone. A metà collina, un ponticello sulla destra e una strada che s’inerpica sino ad una graziosa palazzina sul giallo. È contrada Marina.

Sono arrivato all’Azienda agricola Casa di Antonio. Mi attendono due ragazze: Daniela e Valeria. La prima (38 anni) è laureata in Economia bancaria; la seconda (36 anni) è avvocato. La prima ha scelto di lavorare in campagna, la seconda di ritagliare tutto il tempo che può per dare una mano a casa. C’è poi Silvana Lucci, la madre, che non incontro, la moglie di Antonio, anche lei collaboratrice tra i campi.

 

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Valeria (a sx) e Daniela Gobbi

Antonio era l’agricoltore principe, il motore mobile dell’azienda, colui che sapeva di potatura e di innesti. È morto ad ottobre scorso. Ma l’azienda ha continuato per volontà della sua famiglia. Daniela e Silvana si sono rimboccate le maniche, Valeria ha dato ogni supporto possibile.

Mi raccontano la loro storia dinanzi ad un ampio limoneto che risalta in questa giornata di sole e freddo pungente. Sono 70 piante messe dal babbo. C’è poi la distesa dei mandarini realizzata sempre da Antonio con un innesto proveniente dal Marocco. E qui la storia si fa ancor più interessante e ricca di nomi. Come quello di nonno Pasquale che aveva un fratello, Ernesto, caduto prigioniero degli inglesi in Marocco. Ernesto sopravvisse alla guerra perché ottimo potatore. Si sposò con una contessa polacca (che oggi vive a Tolosa) proprietaria terriera nel nord dell’Africa. Più tardi, Antonio raggiunse lo zio sull’altra sponda del Mediterranea riportando nelle Marche gli innesti di mandarini.

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Per l’aranceto la storia è più semplice. Gli innesti sono arrivati dalla Puglia, le arance sono del tipo vaniglia, ma anche tarocco.

L’appezzamento de La Casa di Antonio raggiunge i 15 ettari, quasi un anfiteatro, con due colline che proteggono le colture dalla salsedine del mare e dal vento freddo del nord. Le ragazze mi indicano anche il pescheto.

Dinanzi a casa si srotola un vigneto. Ne ricavano Passarina Sangiovese, un bianco e un rossoPrima Antonio consegnava le uve alla cantina sociale, ora è stata fatta la scelta di venderle ad una azienda vinicola singola.

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Non manca l’uliveto che produce soprattutto Sargano e Leccino.

Il lavoro è tanto. Daniela dice una cosa che mi colpisce: «Quando è morto nostro padre mi stava insegnando a potare…», poi aggiunge «Non c’è stato tempo di mettersi a piangere, c’era da sfamare gli animali, da pulire, da sistemare. E c’era da prendere il patentino per le disinfestazioni e per condurre il trattore». C’era, insomma, da non mollare. Non lo hanno fatto. Anche grazie a Claudio, Guido, Remo. Che erano gli amici di Antonio, e che ora vanno a dare un mano e indicazioni su come condurre l’azienda. Solidarietà. «Sì, grande solidarietà». Le tre donne stanno pensando ad un marchio aziendale e si promozionano su facebook e instagram. I loro clienti sono i turisti che arrivano d’estate e diversi ristoranti e privati del territorio.

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Intanto, il cagnetto scodinzola attorcigliato ai piedi delle padrone. Si chiama Oliver. Un cane trovatello, come il giovane Oliver Twist.