Le Parole... di Smerillo e della nostra montagna

Ospitalità, Religiosità, Storia, Tradizione
Adolfo Leoni
In questo articolo parliamo di:

Smerillo, piccolo borgo di neppure 400 persone.

Una torre, una spaccatura nella roccia, fossili, un museo di arte contemporanea, prelibatezze a tavola e… “Parole della Montagna”.
Quest’ultimo è un Festival. Lo ha pensato anni fa Simonetta Paradisi, avvocato in Roma, smerillese per vis attractiva: è la sposa di un agronomo locale, oggi, tra l’altro, anche sindaco.

Il Silenzio è la parola dell’edizione 2014. Poesie, mostre, incontri, yoga, meditazione. Poi c'è stato altro, anche il Vuoto. Quest'anno il tema sarà Fragilità. I personaggi non sono mancati, da Davide Rondoni all’alpinista Spiro Dalla Porta Xidyas, dai buddisti ai monaci cristiani

Il festival ha “contagiato” e coinvolto Montefalcone. 

Diverse sono le associazioni che hanno dato una mano: dal CAI ad Antichi Sentieri-Nuovi Cammini.

Vogliamo sottolineare come un’idea intelligente possa affermarsi anche in piccole aree, anche nei centri pre-sibillini, anche in comuni con popolazione veramente risicata.

Lo stesso dicasi per quell’altra iniziativa che si è tenuta per alcuni anni a San Ruffino di Amandola: Ottobre all’Abbazia. Ma che poi si stende anche in altri mesi. Incontri, dialoghi, contaminazioni. La promosse un allevatore di bestiame e realizzatore di formaggi sopraffini: Eros Scarafoni da Belmonte Piceno. Oggi si cerca una nuova sede.

Sia l’una che l’altra attirano pubblico ed estimatori dalla costa. Rendendo effettiva la possibilità di invertire il corso delle cose: se ci sono proposte interessanti, si è disponibili a risalire le valli ridiscese, un tempo, con tanto orgoglio per fuggire l’arretratezza montana. Così si pensava, per lo meno.

Le due iniziative – ma anche altre ce ne sono: come il Filofestival del battagliero Domenico Baratto da Amandola – non sono unicamente il parto di menti fervide. Sono anche, magari inconsapevolmente, il risbocciare di una presenza culturale molto forte nel Medio Evo in quell’area controllata dai monaci benedettini e benedettini farfensi.

Non è un caso che tra le prime “facoltà di medicina” in Italia ci fu quella di Santa Vittoria in Matenano. Abate Ratfredo. Anno: 934. 

E non è un caso che l’area del Tenna e dell’Aso ha dato grandi medici e studiosi sino a 50 anni fa. Le radici profonde, scrivemmo già tempo fa, non gelano.

Oppure, la Scuola farfense di Montefalcone Appennino, intorno all’anno Mille, i cui allievi risultavano i migliori del centro Italia.

Oggi, invece, tagliamo le scuole montane e pre-montane per aggregarle alla massificazione costiera. Motivo: soldi non ce n’è. Neppure allora c’erano. Ma c’era un’altra coscienza.

Come una “facoltà di agraria” la si ebbe nella media valle del Tenna, 1600, esattamente a Piane di Magliano. Perché stupirsi allora di un istituto agrario a Montegiorgio? Ci si dovrebbe stupire invece che non abbia ancora la presidenza.

Sino ad una cinquantina di anni fa, le terre alte specialmente del Tenna conoscevano rimatori – oggi qualcuno ne rimane - insuperabili in endecasillabo, magari anche analfabeti. Erano contemporaneamente poeti e cantori. Una tradizione purtroppo interrottasi, nel suo complesso, con l’alfabetizzazione.

Una cesura si ebbe nel campo della trasmissione di cultura orale, tanto da far scrivere a William Bright “Le virtù dell’analfabetismo”.
E’ sulla scia di tale patrimonio dimenticato che tornano a nascere iniziative importanti. Grazie a Dio. E grazie a gente coraggiosa.

 

Adolfo Leoni