
In questo articolo parliamo di:
Il Libero Regno della Sibilla, con i connaturati principi sociali della Comunanze Agrarie, potrebbe diventare più di una proposta provocatoria: un vero e proprio modello di recupero collettivo di caseggiati abbandonati e di terre incolte di quell’ambiente montano che rimane unico per salubrità, naturalità, vocazioni produttive, tradizioni, vivibilità a misura d’uomo.
Delle Comunanze Agrarie ho scritto in passato qualcosa che riporto per ampliare la discussione meritoriamente avviata da Adolfo Leoni:
“Le Comunanze Agrarie ultime vestigia dell’”età dell’oro”?
Ci spiega l’avvocato Walter Massucci che gli usi civici sono una sorta di diritto arcaico, anomalo, non inquadrabile nelle categorie dei diritti reali/personali pubblici/privati, non ereditato ma legato alla dimora.
Il dr Siliquini, già sindaco di Montefortino, medico, scrittore, presidente del Laboratorio Piceno della Dieta mediterranea
Ripristinati ufficialmente nel medio evo dagli Imperatori per controbilanciare le proprietà e i poteri dei feudatari, sono così radicati nelle popolazioni della montagna da sfuggire alle leggi tese a regolamentarli ed estinguerli, e rappresentare la più viva testimonianza di una antica modalità di rapporto con l’ambiente e interpersonale.
Sono il primordiale diritto di essere al mondo, di godere in pace dei prodotti dei luoghi e della natura, di avere pari opportunità (diremmo oggi).
Quasi una forza normativa trascendente che richiama alla mente FIDES e FAS (Fiducia e Fato), le norme fideistiche che ritroviamo, con l’AGER PUBBLICUS, alla radice del diritto e della religione romana.
La Sibilla che Joyce Lussu vedeva depositaria del patrimonio socio culturale di popolazioni geneticamente predisposte alla socializzazione di massima equità, non ci appare più ipotesi solo romantica o ideologica ma felice intuizione nella indagine di fenomeni che hanno spontaneamente resistito all’usura del tempo per intrinseca vitalità.
Il pacifismo, la tolleranza, il senso del sociale come risultato di esperienze e di selezioni avvenute in tempi sconosciuti si rivelarono la carta vincente di quella civiltà medio italica che nella apertura e nell’aggregazione fecondò l’organismo sociale più complesso e duraturo della storia.
Del resto non fu la civiltà picena, prima ancora di quella romana, il risultato di un incontro multietnico in loco e di influssi mediati dagli scambi commerciali con le coste mediterranee e l’Europa danubiana?
Addirittura hanno dimostrato connaturate doti di auto modellamento, tanto che la strutturazione odierna delle Comunanze Agrarie è giunta a essere un mirabile equilibrio di socialismo, democrazia e federalismo!
Stesso retroterra hanno le “pievi” – le comunanze “plebee” (< populus) traenti sostentamento da proprietà “pubbliche” (< poplicus < populus) sfruttate in maniera paritaria – che passarono a indicare la comunità cristiana e il suo territorio per poi focalizzare la chiesa e l’annesso presbiterio con autorità sulle altre chiese del distretto. Tipiche dell’Italia centrale e settentrionale (secondo G.Forchielli, su “Scritti di storia del diritto ecclesiastico”, l’ordinamento plebano termina ai confini meridionali delle Marche e dell’Umbria), furono esportate anche in Corsica dove hanno rappresentato unità territoriali su base religiosa con funzione socio economica e vieppiù forte connotazione culturale, fino alla rivoluzione francese quando molte furono trasformate in suddivisioni amministrative, comprendenti diversi comuni, chiamate cantoni.”